A chi scappa dalla guerra non sono richiesti documenti per entrare in Europa ma il passaporto può fare la differenza dopo per i profughi non ucraini che rischiano il rimpatrio. I cittadini ucraini potevano già viaggiare per 90 giorni in Europa senza un visto. Dopo l'invasione russa Bruxelles ha attivato per la prima volta la Protezione Umanitaria Temporanea. Dura un anno ma con rinnovi ogni sei mesi potrà essere estesa fino al 2025. A differenza dell'asilo dà diritto a lavoro, sussidi, scuola, sanità. Dei quasi 4 milioni di ucraini fuggiti dal loro Paese solo 800.000 si sono registrati, molti speravano di tornare nelle loro città, altri dovranno regolarizzarsi prima che scadano i 90 giorni. Per chi non ha la cittadinanza di Kiev è diverso: i soccorsi immediati restano garantiti ma chi viveva in Ucraina deve mostrare il permesso di soggiorno o il visto, se non ce li ha verrà indirizzato verso il rimpatrio. Sono possibili in qualsiasi momento controlli da parte della polizia, avvisa tra le istruzioni il portale europeo. Si può fare domanda per la protezione internazionale o passare per la trafila normale ma con diritti depotenziati rispetto all'altro meccanismo. Il criterio è che verrà rimandato a casa chi proviene da un Paese considerato sicuro. Diverse testimonianze, riconosciute anche dall'Unione Africana e dall'ONU, denunciano iniziali respingimenti o rallentamenti alle frontiere. Con l'Ucraina, oltre alla Romania, confinano Polonia, Slovacchia e Ungheria, tutte Nazioni del Gruppo di Visegrád. Oggi sono in prima linea nell'accoglienza, anche come arma politica per sbloccare più fondi comunitari, ma nel recente passato si sono sempre opposte alla redistribuzione di profughi, che arrivassero dal Mediterraneo o dalla Siria.