Per Amnesty International sono 18, per i media nazionali sono 24 i manifestanti che rischiano la pena di morte in Iran. Anche per loro, come per gli altri condannati e come per Mohsen Shekar, il 23enne giustiziato pochi giorni fa, l'accusa è di condurre una guerra contro Dio. La macchina della morte in Iran non ha tregua, commenta Amnesty International, che lancia l'allarme sulle prossime esecuzioni considerate le migliaia di persone arrestate e incriminate nelle manifestazioni contro il regime. Tra i condannati a morte anche il rapper Toomaj Salehi e un giovane di 23 anni che, secondo quanto riferito dal padre, si trova già nel braccio della morte. La sua esecuzione sarebbe imminente, ha reso noto la stampa locale, sarebbe il secondo manifestante giustiziato. Di certo la Corte Suprema ha approvato una sentenza di esecuzione per un terzo manifestante dopo che gli è stata negata l'assistenza di un avvocato. Manifestazioni che vanno avanti da quasi 3 mesi dalla morte di Mahsa Amini deceduta pochi giorni dopo essere stata arrestata per aver indossato il velo in modo non appropriato. Le notizie che arrivano da Teheran nel giorno in cui si celebra la Giornata Internazionale dei Diritti Umani preoccupano la comunità internazionale e le ONG. È una celebrazione molto amara, ha commentato il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury. "Oggi abbiamo reso noto l'elenco di 44 minorenni, uno aveva 2 anni, un'altra 6 anni, uccisi nel corso delle proteste. Ma accanto a questa repressione di piazza è iniziata la depressione per via tra virgolette giudiziaria". Assistiamo con sgomento alla violenta repressione dei giovani e delle donne in Iran e all'uso della pena capitale ha detto il Ministro degli Esteri Antonio Tajani condannando quanto sta accadendo nel Paese. In tutto l'Iran intanto, nonostante le vittime e le migliaia di arresti, le proteste non accennano a placarsi.























