La porta non è del tutto chiusa, ma di certo non è spalancata. Putin accetta l'ipotesi di una tregua temporanea, e anche questa è una notizia, ma non accetta la proposta specifica su cui Kiev e Washington hanno trovato l'accordo. La tregua, dice il presidente russo, deve essere tale da portare ad una pace a lungo termine che affronti le cause di fondo del conflitto. Parole sibilline con cui Putin cerca di conciliare due opposte esigenze: prendere tempo senza spezzare il legame con Trump. Sul campo la Russia sta avanzando. Più passano i giorni, più aumenta il suo potere negoziale. Nel Kursk, assicura Putin, gli ucraini hanno ormai solo due opzioni: arrendersi o morire. E dunque ben vengano le trattative se intanto si combatte. Tanto il leader russo quanto quello americano sembrano disposti a parlarsi, ma per ora non è stato fissato alcun colloquio. A parlare per Trump, intanto, è L'inviato Witkoff, volato a Mosca per un incontro avvolto dal massimo riserbo, con lo stesso Putin. Ricevendo il Segretario Generale della NATO, Mark Rutte, il presidente americano ha ammesso che sarebbe molto deludente per il mondo se la Russia rifiutasse la pace, ma non è voluto tornare sulle sanzioni devastanti minacciate nelle scorse ore contro Mosca. Questo è il momento della carota, non del bastone. Putin solleva interrogativi e fissa paletti, insiste con le pretese territoriali e chiede chi sarà a ordinare la cessazione delle ostilità, chi controllerà l'applicazione dell'accordo, chi impedirà all'Ucraina di usare la tregua per riarmarsi. Il presidente ucraino è convinto che quello russo sia un bluff. Secondo Zelensky, Mosca pone richieste impossibili perché il suo vero obiettivo è dire no alla tregua. .