Putin fa un passo avanti, ma si sposta di appena un millimetro. Mosca annuncia una tregua di tre giorni a partire dall'8 maggio e nel frattempo ribadisce la sua disponibilità a negoziati senza precondizioni. Se è un'iniziativa volta a lenire l'irritazione di Trump, non sembra aver raggiunto lo scopo. Analoga ma ovviamente più scontata la reazione di Kiev. Se la Russia vuole davvero la pace, dicono gli ucraini, allora cessi immediatamente le ostilità e non per 3 giorni, ma per 30. Trump fa sapere di essere frustrato sia per il comportamento di Putin che per quello di Zelensky. È indubbio però che negli ultimi giorni il Presidente abbia indirizzato la propria irritazione soprattutto verso Mosca, deluso dalla pioggia di bombe che continuano a cadere sull'Ucraina. Nelle parole di Trump, Zelensky continua sì a chiedere armi, ma è più calmo, desideroso di aggiungere un accordo e addirittura disposto a cedere la Crimea, circostanza ipotizzata dal Presidente americano, ma ancora tutta da confermare. Più che fornire indicazioni concrete, infatti, in questa fase le parole di Trump tradiscono soprattutto la sua impazienza per il protrarsi di una guerra che, dice, è colpa di Biden e di Obama. Il Segretario di Stato americano va in pressing e minaccia nuovamente di sfilarsi dai negoziati se le parti non dimostreranno di essere seriamente interessate alla pace. Rubio ha parlato con il Ministro degli Esteri russo Lavrov, ma il comunicato diffuso da Mosca è tanto ampolloso quanto vuoto. È stata sottolineata, si legge, l'importanza di consolidare i presupposti che stanno emergendo per avviare negoziati. La pace è lontana, soprattutto se si cerca di raggiungerla un millimetro alla volta. Intanto, secondo il Wall Street Journal, Mosca sta espandendo le proprie basi a ridosso del confine con la Finlandia. .