Una rappresaglia diplomatica di cui a pagarne le conseguenze, alla fine, potrebbero essere anche dei cittadini russi. La decisione di Vladimir Putin, di imporre agli Stati Uniti di ridurre di 755 unità il personale delle loro rappresentanze diplomatiche in Russia, porterà inevitabilmente al licenziamento di una buona parte dei cittadini russi che ci lavorano, dato che in tutto i diplomatici statunitensi del Paese sono poco più di 400. I numeri, d’altronde, non sono casuali e rispondono alla necessità per il Cremlino di ricreare un equilibrio dopo che Barack Obama lo scorso dicembre, prima di lasciare la Casa Bianca, espulse 35 diplomatici russi portando la rappresentanza di Mosca negli Stati Uniti a 455 persone, mentre il personale delle ambasciate e dei consolati a stelle e strisce in Russia superava le 1.200 unità. Non solo, Washington perde anche una Dacia usata dai funzionari per vacanze e fine settimana e un magazzino a sud di Mosca, tutte misure che arrivano fin troppo tardi, ha fatto notare Putin, ricordando la pazienza mostrata fino ad ora dalla Russia e sottolineando che, se sarà necessario, si potrebbero prendere anche ulteriori provvedimenti, soprattutto guardando a quella che a Mosca leggono come l’ostilità non tanto di Donald Trump, quanto del Congresso americano che, lasciando il Presidente statunitense con le mani legate, ha preso la leadership sul fronte delle sanzioni contro la Russia votando a favore di un inasprimento a seguito delle conferme che continuano ad arrivare dalle indagini in corso su Russiagate e sull’influenza del Cremlino nelle ultime elezioni presidenziali.