Referendum Ucraina, la condanna internazionale

24 set 2022
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Il giorno che segna il settimo mese di guerra in Ucraina, è anche il secondo giorno di un referendum in Donbass che per la comunità internazionale o almeno per quella parte che guarda al G7 e agli Stati Uniti, non è altro che una farsa. Lo dicono i 7 grandi, lo scandisce Joe Biden che promette armi e nuove sanzioni economiche rapide e severe se la Russia metterà davvero le 4 province chiamate al voto in condizioni giudicate inaccettabili. Una prova di forza mascherata da consultazione democratica senza effetti ne legittimità, nel comunicato del G7. E lo dice anche la Turchia di Tyyip Erdogan: "Tentativi di referendum unilaterali, non sono corretti", la posizione di Ankara, "Riconosciamo l'integrità territoriale dello Stato ucraino". Parole ancora più importanti perché arrivano dall'unico Stato in grado in questi mesi di mediare tra le due capitali in guerra. Sulla stessa linea compatta nella condanna, l'Unione Europea, che però sulle sanzioni deve sciogliere il consueto nodo ungherese, e allo stesso tempo deve scegliere se e come accogliere le migliaia di russi in fuga. Se Budapest continua a fornire visti Schengen, la Finlandia che condivide 1340 km di confine con la Russia ha deciso forti limitazioni al loro ingresso, la speranza nelle prossime ore è di trovare una linea comune che riesca a tutelare chi fugge dalla chiamata alle armi, evitando però di aprire le porte a "cavalli di Troia" inviati dal Cremlino.

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