Violenza si aspettava e così è stato. Nonostante gli sforzi che hanno visto anche i familiari delle reporter uccisa, Shireen Akleh, che hanno chiesto di venire a salutarla in pace, le forze dell'ordine e manifestanti si sono scontrati. Purtroppo gli ingredienti del disastro c'erano tutti a partire dal dove si sarebbero svolti, a Gerusalemme est. Parte della Città Santa annessa da Israele nel 1967 dove è più forte la comunità araba e dov'è tangibile il malcontento degli arabi israeliani. A rendere ancora più incandescente la situazione, il chi. Shireen Akleh volto noto e amato di Al Jazeera, era già da viva un simbolo per i palestinesi. Cristiana, donna, in prima linea nel raccontare l'eterno conflitto tra le due fazioni. È però soprattutto il come ad incendiare gli animi. Shireen è stata uccisa da un proiettile che l'ha raggiunta alla testa secondo i palestinesi, Al Jazeera e i colleghi della reporter la colpa è dell'esercito israeliano. Da parte sua lo Stato ebraico per bocca del suo Premier, Naftali Bennett, ha chiesto di condurre un'inchiesta congiunta con la controparte palestinese ma ha ricevuto un secco rifiuto, e tra le righe in un rapporto ha ammesso che ci potrebbe essere la possibilità che Shireen Akleh sia stata raggiunta da un proiettile israeliano. Intanto non cessano gli scontri in Cisgiordania, e un'impennata di violenza come non si vedeva da anni. A Jenin, epicentro degli scontri, un ufficiale dei corpi speciali israeliani è morto nel corso di un'operazione. Un evento che avrà certamente l'effetto di benzina sul fuoco, anche se il rogo in effetti ha già altri elementi da cui prendere forza. Tra i tanti anche la decisione israeliana di dare il via alla costruzione di 4.000 alloggi nei territori occupati. Un gesto che ha richiamato l'attenzione internazionale e la condanna da parte di molte nazioni europee, tra cui l'Italia.























