Una corona di Fiori, deposta dal premier Modi in ricordo dei caduti, di coloro che hanno dato la vita per fare di una colonia britannica, la democrazia più grande e popolosa del mondo. Simboli, gesti ripetuti, che scandiscono ogni 26 gennaio, da 75 anni, in India. Il giorno in cui, nel 1950, la Costituzione indiana è entrata in vigore, cancellando il Government of India Act e scrivendo una delle pagine più importanti della storia moderna. E la presenza dei leader mondiali, ogni anno, lo testimonia. Non a caso, accanto alla presidente Droupadi Murmu, questa volta c’era il suo omologo francese, Emmanuel Macron. Un giorno che apre l’anno elettorale nel subcontinente indiano, perché fra aprile e maggio ci saranno le elezioni generali, che potrebbero portare Modi, leader del partito nazionalista Bjp, il Bharatiya Janata Party, a ottenere il terzo mandato. Anniversari, gesti, simboli, che Modi sa trattare con grande maestria, come ha testimoniato l’inaugurazione, la settimana scorsa, del tempio dedicato al dio Ram, dove un tempo sorgeva una moschea, luogo simbolo dei musulmani. Il messaggio era chiaro: la battaglia si giocherà su più fronti. quello interno vede Modi e il Bjp impegnati nell’operazione di smantellare il principio costituzionale che riconosce la stessa dignità a ogni fede religiosa, mettendo davanti a tutto l’induismo. I risultati ottenuti dai suoi avversari, il partito del Congresso guidato dai Gandhi, nelle elezioni regionali di fine 2023 sono stati però segnati dal distacco proprio dei musulmani e delle altre fedi religiose. Una sorpresa, per molti analisti internazionali, un chiaro indicatore del fatto che la maggioranza dei musulmani non si sente perseguitata sotto il Bjp, sostiene il Governo. Ma è sul fronte esterno che si gioca la partita più delicata. Mentre l'opposizione balbetta di fronte al conflitto in Medio Oriente Modi invia migliaia di lavoratori in Israele per sostituire la manodopera palestinese e si fa ponte tra Occidente e Sud globale e stringe alleanze in chiave anti-cinese.