Fino a pochi mesi fa era uno degli ultimi oppositori politici di Putin che non fosse in carcere o in esilio. Adesso, dopo qualche mese di detenzione preventiva, è già trasfigurato. Vladimir Kara Murza, 41 anni, 3 figli, nel momento in cui ha saputo di essere stato condannato a 25 anni di carcere duro con l'accusa di alto tradimento per aver criticato la guerra in Ucraina, ha gridato: "la Russia sarà libera, ditelo a tutti". Consigliere prima di Boris Nemtsov, l'ex vicepremier ucciso sotto le mura del Cremlino nel 2015 per le sue critiche alla guerra in Donbass, e poi dell’ex oligarca in esilio Michail Khodorkovsky, Kara Murza viene da una nota famiglia di oppositori sovietici e per questo è cresciuto in Gran Bretagna dove era fuggito con la madre studiando ad Oxford e ottenendo la cittadinanza britannica. Ha vissuto a lungo negli Stati Uniti ma ha scelto di tornare in Russia e di non lasciarla dopo l'inizio della guerra. Come lui fece anche l'altro grande oppositore di Putin, ora in carcere, Alexey Navalny, tornato in patria dopo essere stato avvelenato e subito imprigionato con condanna a 9 anni. Anche Kara Murza è stato due volte avvelenato e i problemi di salute che denunciano adesso i suoi avvocati sono legati a quegli avvelenamenti. Ma la sua condanna è la più pesante contro un dissidente da quando la Russia ha invaso l'Ucraina nel febbraio dello scorso anno. Da allora il regime ha stretto enormemente le maglie del dissenso reprimendolo con una serie di leggi restrittive e di sentenze giudiziarie pesanti. Pochi giorni prima della sentenza Kara Murza ha detto di non pentirsi di quello che ha detto ma di esserne fiero, rimproverandosi solo di non aver convinto abbastanza russi e politici occidentali del pericolo che il regime del Cremlino pone per la Russia e per il mondo. Quando ha saputo dei 25 anni di condanna ha sussurrato al suo avvocato: "la mia autostima si è accresciuta, ho capito di aver fatto tutto bene”. Subito dopo la sentenza, in un comunicato congiunto, gli Stati Uniti e 40 altri paesi hanno chiesto alla Russia di rilasciare i prigionieri politici e di porre fine alla repressione draconiana della libertà di espressione. Un appello che, verosimilmente, andrà del tutto inascoltato.