Il Russiagate entra in una nuova fase, con un improvviso controllo dei federali avvenuto il 26 luglio a casa di Paul Manafort, quindi il giorno successivo al suo incontro con la Commissione Intelligence del Senato americano. Una data, dunque, che appare non casuale, considerando anche che l’ex capo della campagna presidenziale di Donald Trump ha rassegnato le sue dimissioni esattamente un anno fa. Gli agenti dell’FBI avrebbero concluso la perquisizione con il sequestro di alcuni materiali. L’interesse verso Manafort è legato alla sua presenza, al famoso incontro nella Trump Tower che lo scorso anno si è svolto tra il genero del presidente Jared Kushner, il figlio maggiore, Donald junior, ed un legale russo. Un incontro che sarebbe servita all’ottenimento di presunte informazioni relative all’avversario politico del candidato repubblicano, la ex first lady, Hillary Clinton. Il 2 agosto scorso Manafort ha comunque presentato almeno 400 pagine di documentazione relative alla sua attività durante le presidenziali. Un’onda lunga, quindi, quella del caso Russiagate, che pezzo dopo pezzo continua a coinvolgere a vario titolo buona parte degli attori principali della campagna elettorale che ha portato Donald Trump della Casa Bianca. Un ulteriore motivo di preoccupazione per una presidenza che nelle ultime ore cammina sul filo della tensione, con il regime nordcoreano di Kim Jong-un. Il tutto mentre la stampa americana racconta di una risposta stizzita da parte dello staff della Casa Bianca, con l’FBI convinta che i federali avrebbero potuto ottenere lo stesso materiale chiedendolo direttamente a Manafort, senza procedere ad alcuna perquisizione. Una tesi difficile da sostenere, visto che non è ancora stato chiarito quale sia l’effettiva rilevanza della documentazione sequestrata.