L'Europa indica la direzione e la meta, i singoli Stati dovranno capire il modo di arrivarci. L'obiettivo è che tutti i lavoratori abbiano un salario adeguato al costo della vita, che gli consenta di condurre un'esistenza dignitosa. Bruxelles non impone il salario minimo, ma emana una direttiva che chiede agli Stati di vigilare sulla reale situazione dei lavoratori dipendenti, di controllare ogni due anni se i salari più bassi sono adeguati al tasso di inflazione e alla media delle paghe nazionali. Consente ai lavoratori di denunciare nel caso ritengano troppo basso il livello del loro stipendio. Per quanto riguarda le contrattazioni collettive, l'UE chiede che nei settori che ne hanno una, almeno l'80% dei contratti siano adeguati ad essa, mentre non fornisce cifre sul livello minimo di stipendio, viste le enormi differenze di costo della vita tra i diversi Stati Europei. Ora, come nel caso dell'Italia, ogni Governo avrà due anni di tempo per mettere in campo una normativa che arrivi a questi obiettivi. E proprio a proposito del nostro Paese, il Commissario Europeo Schmit precisa: "Il salario minimo noi non lo imponiamo all'Italia, non stiamo parlando di questo. È un contributo a questo ... sono molto fiducioso che alla fin fine il Governo italiano e le parti sociali italiane, perché le parti sociali hanno un ruolo importante, raggiungeranno un buon accordo". Come spesso capita in Europa, prima che la normativa sia operativa, servirà una ulteriore approvazione del Parlamento Europeo, ed una molto meno scontata approvazione dei Ministri di tutti e 27 gli Stati membri. La speranza, è che nessuno si metta di traverso imponendo il proprio veto, ma il tema molto sentito in ogni Paese è anche oggetto di legislazioni e situazioni diversissime tra Stato e Stato.























