Rabbia e fuoco nelle strade di Beirut. Dall'esasperata situazione economica è esplosa l'ennesima contestazione contro il Governo. La lira libanese sta crollando, è la crisi peggiore degli ultimi, già difficili, 30 anni. Questo è ciò che resta dopo la notte di proteste: negozi distrutti, inaccessibili a causa della disoccupazione in disperata crescita. Il tasso reale, operato dai cambiavalute, sfiora le 5000 lire libanesi per un dollaro statunitense, che dal 1997 era fisso a 1515. Essendo molte merci vendute in dollari, il loro costo è cresciuto anche del 50 %. Il governo ha annunciato il default a marzo, ad aprile è stato approvato un piano di riforme e dai primi di maggio sono iniziati i negoziati con il Fondo Monetario Internazionale. Già da mesi i libanesi protestano lamentando corruzione e spreco di risorse. Hanno dato fuoco a banche, furibondi perché i loro risparmi sono svaniti. Le limitazioni del coronavirus hanno compromesso ulteriormente una situazione logora. Disperato il caso dei lavoratori etiopi, colf abbandonate davanti all'ambasciata del loro paese senza più denaro nè un luogo dove vivere. Tra sassi e lacrimogeni, molotov e distruzione è intervenuta la polizia che tuttora controlla le strade, mentre il Primo Ministro Saʿd al-Dīn ha convocato una riunione d'emergenza con il governatore della Banca Centrale e i rappresentanti dei cambiavalute. La tensione politica è di ora in ora più forte.