Le fiamme hanno di nuovo illuminato la notte di Belgrado. Due giorni fa l'assalto al Parlamento, stanotte di nuovo i sassi, le bottiglie, i manganelli e i lacrimogeni degli agenti in tenuta antisommossa. Decine di feriti e arresti. La Serbia riscopre le proteste di piazza, pretesto, dopo un lockdown durato mesi, allentato un mese fa, le nuove misure restrittive annunciate martedì dal Presidente Vučić vista la recrudescenza del virus. Quanto all'imposizione del coprifuoco che doveva scattare venerdì fino a lunedì il Governo sembra aver fatto marcia indietro. Ma dietro lo scudo dell'epidemia si gioca soprattutto una partita politica, il malcontento nei confronti dell'autoritarismo del Capo dello Stato, accusato di aver forzato l'allentamento del lockdown e voluto a tutti i costi le elezioni parlamentari il 21 giugno, incurante dei rischi per la salute pubblica. Il suo partito conservatore ha ottenuto la maggioranza netta. Una parte l'opposizione ha boicottato la consultazione sostenendo che in Serbia non ci sono le condizioni per elezioni libere e democratiche, a causa della mancanza di libertà d'espressione dovuta al controllo dei media statali da parte di Vučić. Fatto sta che non appena il Presidente ha annunciato il coprifuoco, dichiarando “la situazione è allarmante” è scoppiata la guerriglia. Migliaia di persone si sono riversate in strada e intorno al Parlamento. Inoltre, la proteste è stata anche strumentalizzata e cavalcata dall'estrema destra. Quanto all'epidemia nel Paese che conta 8 milioni di abitanti, il virus ha infettato 17.000 persone, con un'impennata di 350 nuovi casi pochi giorni. Le vittime in tutto sono 340. Austria, Olanda, Grecia, Montenegro hanno già chiuso le loro frontiere a chi arriva dalla Serbia.