Non c'era male peggiore era tutto peggiore, molto difficile dire quello che era peggio e secondo me la paura di morire da un momento all'altro e poi il tempo. Il senso del tempo era dilatato fino all'infinito nel senso che un mese sembrava un anno di questa paura e questa attesa di quando sarà fine, quando, quando finisce, quando nel senso che era, il tempo era un peso come se pesasse sulla mente, sulle spalle, sul cuore. E la sofferenza è quello che vedevi poi davanti, nel senso, morti, morti, dormivi coi morti, la paura di non svegliarsi il giorno dopo. Svegliarsi, già urlavano ma era la sveglia normale, appello, appello - urlavano. E questa violenza, vedere questa violenza è quello che faceva, secondo me, forse più male moralmente, poi a me, io ero piccola, però posso immaginare Primo Levi che mi parlava di queste cose, di quelle che è capace un uomo contro un altro, vedere una cosa del genere, non è indimenticabile niente. Auschwitz non lascia dimenticare neanche un giorno, anche perché molte cose si ripetono, anche se non assomiglia a una cosa unicum sia chiaro questo lo sappiamo.