"O noi o loro, i mostri di Hamas". Così il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che non usa mezzi termini, ribadisce ancora una volta la volontà dello Stato ebraico di continuare a combattere all'interno della Striscia di Gaza, fino al raggiungimento di tre obiettivi: eliminare Hamas, liberare gli ostaggi e far sì che l'enclave palestinese non rappresenti mai più una minaccia per il popolo israeliano. Così l'Idf nonostante la ferma opposizione della comunità internazionale in primis dell'amministrazione americana di Joe Biden, intensifica le operazioni militari nell'enclave, dove dal 7 ottobre sono morte oltre 35mila persone. Nel mirino dell'Esercito con la Stella di David, la parte orientale di Rafah, nel sud della Striscia, perché rappresenterebbe la chiave, per Netanyahu, per sradicare gli ultimi quattro battaglioni di Hamas a Gaza. Eppure i miliziani del Movimento Islamista Palestinese sembrano riorganizzarsi nel nord, tanto è che i raid di Zahal, l'esercito israeliano, colpiscono anche il campo profughi di Jabalia dove, come riporta l'Idf, sono stati eliminati diversi terroristi. Ma una sparatoria colpisce anche un convoglio delle Nazioni Unite, vicino al valico di Rafah, in cui perde la vita un dipendente dell'ONU. Il Palazzo di Vetro conferma la notizia anche se la dinamica dell'attacco non è ancora chiara, mentre Hamas punta il dito contro Israele, l'Idf dichiara di stare investigando le circostanze dell'incidente.























