Gli unicorni non volano più come un tempo: i profitti calano, la competizione è feroce, i costi aumentano. Anche Google si unisce così alla schiera di aziende americane che hanno annunciato licenziamenti di massa. "Avevamo assunto in un contesto economico totalmente diverso da quello di oggi" ha detto, nudo e crudo, l'Amministratore Delegato della società madre Alphabet, prima di inviare le lettere di fine rapporto a 12mila dipendenti, il 6% della forza lavoro del colosso californiano. Neppure il settore tecnologico è immune all'inflazione persistente e allo scivolamento dell'economia mondiale: la società, che offre piattaforme gratuite in cambio di pubblicità, fa con questa sempre meno soldi, quindi intende rifocalizzarsi sull'intelligenza artificiale. Nel giro di una settimana hanno lasciato a casa decine di migliaia di persone Microsoft (10mila), Amazon (18mila), Facebook (11mila), Twitter (3700), Tesla (6000) e nomi illustri del mondo dei media come CNN e della finanza di Wall Street, come Goldman Sachs. È il mercato del lavoro americano, bellezza: stipendi d'ingresso ben oltre i 100mila dollari l'anno, ma anche licenziamenti senza troppi complimenti quando non servi più. Tutti si preparano a un 2023 di crescita minima, se non vera e propria recensione e trema il mito della Silicon Valley la "New economy" sta scoprendo di invecchiare.