Quattro più due: sono le ore che la diplomazia americana ha trascorso prima con quella russa e poi direttamente con il Presidente russo Vladimir Putin. Sei ore scandite dalle affermazioni a distanza di Donald Trump, precedute comunque da quelle che lo stesso Putin, mentre i chiarimenti tra le due superpotenze lasciano il nodo siriano ancora al centro delle discussioni. Il Ministro degli esteri Sergey Lavrov al suo omologo Rex Tillerson sottolinea come non ci siano prove che il letale attacco con le armi chimiche portato a termine a Khan Shaykhun sia stato perpetrato dal regime di Damasco, regime sostenuto da Mosca. Mentre per il Segretario di Stato americano, Rex Tillerson, e per lo stesso Donald Trump non ci sono dubbi sul fatto che l’uso dei gas sia stato pianificato e condotto dai vertici militari siriani. Una tesi, questa, che ora verrebbe avvalorata da alcune intercettazioni che, secondo la CNN, sarebbero in mano ai servizi segreti americani e che proverebbero i contatti tra l’esercito lealista al regime di Bashar al-Assad ed esperti sul campo in merito ai preparativi per l’attacco con i gas. Ma Lavrov ha già chiarito la posizione ufficiale di Mosca, chiedendo un’inchiesta delle Nazioni Unite. “Se l’ONU si oppone, vuol dire che non cerca la verità”, ha infatti affermato, bloccando al Consiglio di sicurezza una seconda bozza di risoluzione sull’attacco chimico, dopo il primo veto di pochi giorni fa. Questione scottante resta anche quella legata al futuro di Assad, con Lavrov che passa in rassegna i risultati della rimozione di altri dittatori, da Saddam Hussein a Gheddafi, mentre Tillerson considera il tempo di Assad finito, forte anche delle affermazioni di Trump, che definisce il Presidente siriano un uomo malvagio e un animale. Putin, prima dell’incontro, aveva detto che il livello di fiducia con gli Stati Uniti è peggiorato. Il Presidente americano, però, appare più ottimista. “I colloqui di Tillerson sono andati meglio del previsto – dice – ma vedremo i risultati nel lungo termine”.