La conferma è ufficiale: coordinate sbagliate fornite dagli stessi alleati degli Stati Uniti in Siria hanno causato la morte di 18 combattenti impegnati nella lotta all’Isis, durante un raid americano. L’obiettivo era una postazione dello Stato islamico a sud di Tabqa, ma le bombe sono cadute tra le file delle forze democratiche siriane, principalmente composte da miliziani curdi. L’accusa che però lancia Damasco contro Washington è decisamente più pesante. Un attacco aereo statunitense avvenuto nella notte, avrebbe colpito un deposito di gas letale del Califfato, diffondendo sostanze tossiche che hanno ucciso centinaia di persone. La coalizione americana ha negato di aver condotto raid nell’area. Ma intanto la Russia, alleata di Bashar al-Assad, ha detto di aver inviato dei droni nella zona di Deir ez-Zor, per monitorare e controllare la situazione dopo la denuncia delle autorità siriane, ma ha anche chiarito di non avere informazioni che confermino le notizie di vittime nell’area. Il tutto, mentre a livello diplomatico, dopo che la tensione tra il Cremlino e la Casa Bianca sembrava aver raggiunto un punto critico, la missione del segretario Rex Tillerson, a colloquio per sei ore, prima con il suo omologo Sergei Lavrov e poi direttamente con Vladimir Putin, sembra aver ridimensionato la crisi. Il Cremlino ha infatti definito costruttivi gli incontri, sottolineando che proprio sulla Siria Putin ha delineato la visione russa della situazione attuale e quella per il futuro sviluppo del conflitto e dopo che Donald Trump ha comunque definito Bashar al-Assad, un macellaio e un animale. Il Presidente americano ha twittato che le cose tra Stati Uniti e Russia si sistemeranno per il meglio. Al momento giusto, ha detto, tutti torneranno in sé e ci sarà una voce duratura.