La Siria del presidente Ahmed al-Sharaa, ex comandante di Al Qaeda riabilitato da Nazioni Unite e amministrazione Trump, resta un Paese diviso, con le cicatrici ben visibili della guerra come delle violenze settarie contro gli alawiti che lo scorso luglio hanno insanguinato una terra già martoriata. Ma non è solo il loro caso. Faisal Sbeih, origini beduine e abitazione nella provincia meridionale di Sweida, racconta la sua storia. Insieme alla sua e ed ad altre famiglie beduine, è stato rapito la scorsa estate, tre dei suoi familiari uccisi in detenzione, compresa la figlia ventenne. Faisal accusa le milizie fedeli al principale religioso druso lo sceicco Hikmat al-Hajari di aver costretto la sua comunità sunnita ad abbandonare Sweida. Abbiamo vissuto insieme, compravamo il pane dello stesso fornaio, l'acqua dello stesso negozio, racconta Faisal dei suoi vicini drusi. Ora afferma non vogliono più i beduini tra loro. La situazione a Sweida è peggiorata quando le forze governative si sono scontrate proprio con i miliziani drusi, con diffuse segnalazioni di saccheggi, esecuzioni sommarie ed altri abusi. Nel villaggio di Al-Latamna, nella campagna di Hama, la 63enne Rajaa Izzo vive con la sua famiglia in una grotta scavata nel fianco di una collina rocciosa, lo stesso rifugio che l'ha protetta, dai bombardamenti durante la guerra civile. Anche lei è tra i tanti abitanti fuggiti dal villaggio più di sei anni fa, quando le forze governative strapparono la zona ai ribelli. Insieme a molti altri sfollati Raja prova a tornare a casa dopo la caduta di Bashar al-Assad, ma trova solo rovine inabitabili, le case distrutte durante i combattimenti. Ormai tutti vivono così qui, spiega, arrangiandosi senza acqua né elettricità. .























