Arriviamo in questo villaggio di poche decine di anime quando ormai è sera. Siamo ancora a 50 km dall'epicentro del sisma ma raggiungerlo è ormai impossibile. Nelle poche strade secondarie, ancora praticabili per raggiungere Gaziantep, si formano lunghe file di automobili e mezzi pesanti. Quelle principali, compreso l'autostrada, non sono più praticabili. Alcuni viadotti sono collassati, le strade semidistrutte. Col buio diventa difficile proseguire, dobbiamo rinunciare, almeno per il momento, dopo una giornata di viaggio cominciata all'alba con partenza da Istanbul destinazione Nevsehir, una città sperduta tra i monti dell'Anatolia centrale. In condizioni normali sarebbe un'ottima base per visitare la Cappadocia, non questa volta. Era l'unico aeroporto aperto, con voli ancora disponibili relativamente vicino all'epicentro del sisma. Una volta atterrati ci aspettano in auto 600 km. Il primo tratto di strada si presenta così, un paesaggio immerso nella neve a dimostrazione di una situazione meteorologica a tratti proibitiva. Poi, a 90 km dall'epicentro, i primi segnali della devastazione creata dal sisma. Le case crollate al suolo, i primi villaggi distrutti, le persone che si riuniscono di fronte un fuoco prima di trascorrere una nuova lunga notte all'interno delle loro auto. Per loro, ora, l'unico posto sicuro.