Dopo mesi di negoziati, Theresa May chiude con Bruxelles l’accordo per la Brexit e affronta ora la battaglia più complessa: farlo accettare in patria. Se la premier non ha dubbi, si tratta del miglior accordo possibile nell’interesse nazionale, sono in molti a non pensarla così. Il governo perde pezzi importanti. Nel partito conservatore i falchi si preparano a chiedere la sfiducia e in Parlamento laburisti e democratici irlandesi, fondamentali per la tenuta dell’esecutivo, annunciano barricate. Theresa May però non molla e scandisce: porterò a casa il risultato. In caso di mozione di sfiducia servono 158 voti per cambiare l’inquilino di Downing Street. La May ci crede, e a Bruxelles seguono con attenzione faccenda, avvisando: attenzione, non c’è spazio per nuovi negoziati. Il timore è un no deal. Perché in caso di sfiducia, passerebbero giorni preziosi nella selezione di un nuovo primo ministro, nessuno può scommettere sul nome, o la posizione, del successore di Theresa May.