In una delle sue più celebri poesie, La Ginestra, Giacomo Leopardi scrive: non ha natura al seme dell'uomo più stima o cura che alla formica. Un uomo e una formica di fronte alla natura si equivalgono. Sono concetti che tornano alla mente quando si assiste a disastri naturali come quello che venerdì ha colpito l'Indonesia. La distanza tra uomo e natura, che si è ampliata nel corso dei secoli, e la tendenza a travisare principi ecologisti di per sé virtuosi, ci spingono spesso a dimenticare quanto la natura possa essere insensibile e spietata. I due terremoti e l'onda mostruosa che hanno travolto l'Indonesia hanno cancellato non solo interi villaggi, ma anche nomi e volti di uomini e di donne che ora sono solo numeri in un tragico bilancio. L'obiettivo adesso, oltre a quello ovvio di soccorrere i sopravvissuti dev’essere anche quello di ricostruire i dettagli di queste vite spezzate, le vite di chi non ce l'ha fatta. Perché se c'è una cosa che l'uomo può opporre alla brutalità della natura è la capacità di coltivare quella memoria che la natura a volte sembra pronta a distruggere.