È netto il richiamo degli Stati Uniti ai generali in guerra in Sudan. Un primo risultato sembra raggiunto. Dai social il generale Dagalo ha fatto intendere di essere d'accordo con una tregua di 24 ore a scopi umanitari. Ma è ancora grandi incertezze. Il portavoce dell'esercito regolare nega di essere a conoscenza di un cessate il fuoco nel perimetro degli accordi internazionali. A chiederlo è il Segretario di Stato americano dopo un attacco al convoglio diplomatico americano nella capitale Khartum. La transizione verso la democrazia nel paese è naufragata in un violento scontro di potere tra due uomini sin qui alleati per il Sudan. La scintilla alla richiesta di sciogliere il Rapid Support Forces, comandata dal vice presidente, il generale Dagalo. Richiesta fatta dal presidente Burhan. Dagalo, a capo della bene equipaggiata milizia dei Janjaweed, ben addestrata dai mercenari della Wagner, ha combattuto per il Darfur, per sostenere il governo centrale di Khartum, e ora si contrappone al presidente e generale Burhan. Il bilancio dei morti si aggiorna di ora in ora e il sindacato dei medici denuncia anche tre importanti ospedali della capitale sono stati bombardati e sono fuori uso. Gli scontri armati, circoscritti al palazzo presidenziale e all'aeroporto, si sono allargati in più parti del paese e anche in Darfur. Difficili le comunicazioni a causa dello stop di internet e della telefonia. Tra i civili chiusi in casa ora regna la paura quando iniziano a scarseggiare acqua e generi alimentari. E dalle Nazioni Unite la rassicurazione: la missione d'aiuto resterà pienamente operativa nel paese.