E' una Svezia sotto shock quella che si è risvegliata il giorno dopo la peggior sparatoria mai avvenuta nel paese. Undici morti, questo l'ultimo bilancio. Sono da poco passate le 12:30 quando cominciano ad arrivare le prime telefonate con le richieste d'aiuto da parte di studenti e insegnanti presenti nel campus educativo di Orebro, una cittadina medievale nella Svezia centrale a circa duecento chilometri da Stoccolma. Una scuola che ospita elementari, medie, diversi centri di formazione professionale per adulti, per migranti, oltre che classi e programmi per persone con disabilità. L'orrore si materializza attraverso un uomo di trentacinque anni, vestito completamente di nero, con in pugno un'arma automatica che comincia a fare fuoco seminando morte e terrore nei corridoi della scuola. La polizia sostiene non si tratti di un atto terroristico. Il 35enne svedese non si sa se sia stato freddato dalle teste di cuoio oppure si sia suicidato, fatto sta che non era noto alle forze dell'ordine e non apparteneva alle numerose gang che ormai imperversano nel paese. Nei racconti dei sopravvissuti alla furia omicida, tutto l'orrore che la Svezia non dimenticherà mai più, chi si barricava nelle classi mettendo davanti alla porta tutto quello che poteva ostruire il passaggio del killer, chi provava a fuggire facendo lo slalom tra i corpi nei corridoi, altri invece che si erano allontanati da poco per la pausa pranzo e quindi salvi per miracolo. Come spesso accade nella ricostruzione di fatti come questo, molti dettagli dell'identikit dell'assassino corrispondono. Era un personaggio schivo e taciturno, non aveva un lavoro e si era allontanato dalla famiglia. Era un solitario, ma dal quadro non emergono disturbi mentali e questo rende complesso comprendere quali possano essere state le ragioni, se mai ve ne possano essere alla base di un gesto così orribile. .