C'è una cosa che accomuna i nostri smartphone e tablet, i missili e i pannelli fotovoltaici: sono le cosiddette terre rare. Dal punto di vista scientifico si tratta di 17 elementi della tavola periodica. Da quello geopolitico, di una delle merci di scambio più contese, perché indispensabili per diversi settori oggi strategici. Anche note come REE, cioè Rare Earth Elements, le terre rare sono infatti fondamentali per numerose industrie, come quella tecnologica, della difesa e delle energie rinnovabili. Grazie ad esse si costruiscono dispositivi elettronici, sistemi radar e altri strumenti di difesa, ma soprattutto una serie di oggetti chiave per la transizione verde, come turbine eoliche, pannelli fotovoltaici e batterie per i veicoli elettrici. Un insieme di beni che muove un mercato che oggi si aggira sugli 11 miliardi di dollari, ma che si prevede raddoppiare entro i prossimi 6 anni. Ed è proprio questo uno dei terreni principali su cui si gioca la partita della competitività tra UE e Cina. Pechino è infatti il principale produttore mondiale di terre rare, e di conseguenza la principale fonte di approvvigionamento per l'Europa, che da qui ne importa circa il 90%. Dopo la minaccia di restringere le proprie esportazioni di queste materie prime, trasformate in una vera e propria arma negoziale nella guerra commerciale con gli USA e l'UE, la Cina ha infine sospeso le nuove regole restrittive per altri 12 mesi. Bruxelles può quindi tirare un sospiro di sollievo, almeno per il momento, e mettere in salvo ciò che rimane degli obiettivi del suo Green Deal. .























