Ci piacciamo molto, dice Trump, e si vede. Il principe saudita Bin Salman accoglie il presidente americano in pompa magna, tappeto color lavanda in aeroporto, sfarzo un po' ovunque, marmi, decorazioni dorate e spazi ampi. A Riad, prima tappa del viaggio nel Golfo, Trump vuole fare affari più che squadernare la sua dottrina per il Medio Oriente. O meglio, il business è la sua dottrina e il presidente afferma che il futuro dell'area va lasciato nelle mani dei suoi dirigenti. Trump rinnega l'esportazione della democrazia cara a Bush e ne supera l'ipocrisia a colpi di sfacciataggine. Pazienza se le mani da stringere non sono immacolate, l'importante è che gli affari conclusi valgano la pena. Politica ed economia si intrecciano. L'Iran è una forza distruttiva, dice Trump, e la nostra offerta di pace è a termine. Spero che Riad normalizzi i rapporti con Israele, aggiunge, ma lo farà con i suoi tempi. I palestinesi di Gaza meritano un futuro migliore, afferma proprio mentre i rapporti con Netanyahu si fanno tesi. Il presidente cancella le sanzioni contro la Siria e ottiene un'ovazione. Trump si porta dietro una folla di imprenditori, c'è anche Elon Musk. Gli accordi conclusi a margine dell'evento sono numerosi e miliardari, ma forse, al di là delle dichiarazioni, non così ricchi come il presidente sperava. Riguardano la difesa, l'energia, lo spazio, la sanità. Gli affari della famiglia Trump nella zona sono noti e sollevano sospetti. Nel 2022, a Riad, Biden chiuse un occhio sulle accuse di violazione dei diritti umani contro l'Arabia Saudita. Trump li ha chiusi tutti e due. .