La bandiera del vittimismo sventolata a Wako, in Texas, lo sfogo accorato, da perseguitato, bersaglio dell'FBI, della giustizia ma anche di fantomatici nemici nell'ombra, è lui che sfida la bufera, tuonando una rabbia corposa, covata a lungo. Chiama a raccolta i fedelissimi, gli irriducibili, seminando insulti, definendo i magistrati "animali", a partire dal Procuratore Distrettuale di Manhattan Alvin Bragg, "uno che mi persegue senza avere niente contro di me" assicura Trump. Un fiume di parole risentite e velenose contro Joe Biden, i democratici, i media delle fake news, la Cina, i clandestini, il "deep state", cioè quello stato scuro e sotterraneo che per molti complottisti ha il solo obiettivo di fermare il bis di Trump alla Casa Bianca. Il tycoon anche di questo ha parlato, definendo un "ingrato" il Governatore della Florida Ron DeSantis sempre più vicino a candidarsi per le presidenziali del prossimo anno. Trump teme la fronda interna ma è certo di rappresentare ancora l'unico destinatario delle speranze di quel pezzo d'America insoddisfatta, dalla Rust Belt al Midwest, che inglobano quegli stati che nel 2016 risultarono decisi per le elezioni di Trump al 1.600 di Pennsylvania Avenue. È stato, quello di Wako, uno show: dall'inno americano mixato con le parole di Trump per il giuramento alla Costituzione, al discorso finale con in sottofondo le note di un brano new-age da congregazione religiosa. Non proprio azzeccata quest'ultima scelta a Wako. In questi giorni infatti ricorre il trentesimo anniversario della controversa operazione dell'FBI per espugnare il ranch della setta religiosa dei Davidiani, sospettata tra l'altro di avere un arsenale illegale, oltre che di abuso di alcol e droga e pedofilia. Dettagli per Trump. Ormai in piena trance elettorale. Eccolo in sella. La corsa è cominciata.