“Hanno preso il percorso sbagliato, si sono imbattuti in trafficanti di droga, criminali, tutti armati. La vittima indossava un casco con la telecamera. I criminali pensavano fossero poliziotti che filmavano la loro azione, così hanno sparato a Roberto Bardella”. È chiaro, a poche ore da quanto accaduto, come e da chi è stato ucciso Roberto Bardella. Si è trovato nel posto sbagliato – una delle favelas più violente di Rio de Janeiro – al momento sbagliato, in un orario in cui i narcotrafficanti sono in strada. Sempre armati e sempre pronti a fare la guerra, non hanno esitato un momento a sparare in testa al cinquantaduenne agente immobiliare veneziano di Jesolo, in Brasile in vacanza con il cugino Rino Polato, che la morte l’ha sfiorata. Un colpo che l’ha ammazzato, indirizzato contro quella telecamera che Bardella aveva fissato sul casco che indossava mentre guidava la moto con cui dal 29 novembre scorso scorrazzava per il Sudamerica. Moto e viaggi, le sue passioni. Voleva riprendere ogni secondo della sua avventura, ma l’hanno scambiato per un poliziotto. I criminali hanno pensato che stesse scattando un’operazione contro di loro e hanno fatto fuoco. A Bardella un errore è costato la vita. Come ricostruito dagli investigatori, dopo essere stati a visitare il Cristo Redentore di Rio, i due cugini si sono avventurati per la città. Una strada sbagliata e sono finiti nella favela di Morro dos Prazeres, a Santa Teresa: un inferno in terra. Dietro una curva, si sono trovati di fronte a un gruppo di uomini armati. Lo ha raccontato Rino Polato. Lui è salvo per miracolo, ha assistito all’omicidio del cugino e poi è stato catturato dai narcos, tenuto in ostaggio un paio d’ore, fin quando il loro capo ne ha ordinato la liberazione, perché con la polizia quei due non c’entravano nulla. Una volta libero, ha chiesto aiuto. Il corpo del cugino ancora sull’asfalto.