Tornano al fronte dopo essere da poco tornati dalla prigionia. Gli uomini del Battaglione Azov sono nel Lugansk a sostenere quella controffensiva che finora non ha però dato l'esito sperato ma che sta costando migliaia di vite da entrambi i lati del conflitto. Il rilascio del comandante del gruppo, simbolo della resistenza ucraina, grazie alla loro tenacia a difesa dell'acciaieria Azovstal a Mariupol, battaglione considerato però anche molto controverso per le esibite simpatie neonaziste dei suoi affiliati, sono rientrati l'8 luglio scorso in Ucraina da Istanbul in base agli accordi dello scambio di prigionieri con Mosca. A parlare di guerra ancora molto lunga il Ministro degli Esteri ucraino, Kuleba, che afferma come l'intenzione di Kiev sia quella di ristabilire i confini del 1991, per farlo le sue truppe dovrebbero riconquistare quel 20% di territorio ora in mano alla Federazione Russa. Sono gli ucraini e solo loro che possono decidere quando ci sono le condizioni per i negoziati e che possono decidere al tavolo dei negoziati qual'è una soluzione accettabile, dichiara intanto il segretario generale della NATO Stoltenberg, dopo le critiche contro il suo capo di gabinetto che aveva affermato che Kiev avrebbe potuto scegliere di cedere alcuni territori alla Russia come parte di un accordo per porre fine alla guerra. Kuleba torna poi anche sulla questione degli F-16 americani, cercando di rassicurare sulla loro consegna in tempi più rapidi rispetto a quelli previsti dai generali della sua aeronautica che paventavano invece un autunno ed un inverno senza copertura aerea a difesa del paese. Qui si inseriscono gli sforzi diplomatici dello stesso presidente ucraino Zelensky per confermarne la rapida fornitura, mentre il Ministero degli Esteri è al lavoro anche sul dossier G-20. Uno smacco il mancato invito al prossimo vertice previsto in India, dove la Russia è membro di diritto, necessario dunque trovarne uno al più presto che però ancora tarda ad arrivare.