La Cina farà tutto il possibile per riportare la pace e rilanciare il dialogo. Così Wang Yi, il ministro degli Esteri cinese, in occasione dell'apertura dei lavori delle cosiddette due sessioni. Il più importante appuntamento legislativo dell'anno che prepara il congresso del partito previsto in autunno. Pechino, che probabilmente inizialmente ha sottovalutato l'avventurismo di Putin, comincia a dare segni di insofferenza per una vicenda che non ha provocato che non ha condannato ma neanche mai appoggiato formalmente ma di cui rischia di pagare comunque il conto. E prima che diventi troppo salato, l'economia cinese è molto più integrata di quella russa con l'occidente le ricadute potrebbero essere pesantissime anche per Pechino, cerca di intervenire prima che sia troppo tardi; e se da un lato ribadisce le accuse all'occidente, alla Nato di aver irresponsabilmente ignorato le ragioni della Russia ed averne sottovalutato le possibili reazioni, dall'altro fa capire a Putin che è ora di fermarsi. Negli ambienti diplomatici di Pechino si parla di ben due telefonate riservate, che per questo non sarebbero state pubblicizzate come quelle con Macron, tra Putin e XI Jin Ping l'unico leader che parlando correntemente in russo sia in grado di parlare direttamente con il presidente russo senza l'ausilio di un interprete. Telefonate in cui il leader cinese, che tutto vuole tranne che arrivare al congresso in una situazione di tensione nazionale ed internazionale, avrebbe chiesto a Putin di fermarsi e di sedersi attorno a un tavolo. Che la Cina rappresenti l'opzione potenzialmente più efficace per una mediazione che finora ha avuto molti protagonisti ma pochi risultati non c'è alcun dubbio, ma il problema è capire se c'è ancora lo spazio e soprattutto il tempo per fermare Putin.























