I corridoi della solidarietà non si fermano. Nonostante la decisione di Mosca di bloccare l'export dei cereali diverse navi sono salpate dai porti ucraini sul Mar Nero, cariche di grano, farina e semi di soia. "La Turchia continuerà con i suoi sforzi per salvare l'umanità", con queste parole il presidente turco Erdogan, dall'inizio principale mediatore tra invasore e invaso, ha ribadito ancora una volta l'importanza di non bloccare le esportazioni e ha riconfermato le posizioni di Ankara, avanti nonostante il passo indietro del Cremlino. Posizione condivisa anche dalla Commissione europea e dalle Nazioni Unite che sperano in un ripensamento di Putin. Non si fa attendere però la risposta di Mosca: "Senza di noi l'accordo sull'export sarà difficile e pericoloso". D'altra parte se da un lato si rompono degli accordi dall'altro se ne creano di nuovi. L'Iran ha infatti firmato con la russa Gazprom un accordo sul petrolio e sul gas per un valore di 6,5 milioni di dollari. Le conseguenze della guerra intanto si estendono dai porti al fronte militare a quello cittadino, missili e droni hanno colpito almeno dieci regioni del Paese, nel mirino delle forze di Mosca soprattutto le infrastrutture energetiche. Dopo gli ultimi raid russi, il 40% delle utenze private di Kiev è rimasta senza acqua e 270mila case senza elettricità. Bombardamenti che alle porte dell'inverno obbligano i cittadini a cercare nuovi modi per sopravvivere. Resilienza espressa anche dalla Presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola che in un tweet ha assicurato "Gli ucraini non perderanno il loro coraggio e la loro forza e non lo faremo nemmeno noi". Anche se indiscrezioni di stampa raccontano delle prime crepe tra Kiev e Washington, con Joe Biden che a giugno avrebbe perso la pazienza con Volodymyr Zelensky chiedendo a quest'ultimo un po' più di gratitudine.























