Una famiglia, tra le sue macerie. A Bucha Alexander e Natalia approfittano del fine settimana per venire a verificare quello che già sanno, la loro casa non c'è più. Abitavano nella strada diventata famosa per i carri armati russi distrutti dagli ucraini, adesso è soprannominata Bayraktar street, dal nome del drone turco, che insieme ai javelin americani, ha distrutto la colonna di tank russi. Davanti casa un asilo appena costruito è andato distrutto, lo avevano occupato i ceceni, ci dice Natalia, adesso la strada è stata completamente ripulita, ma tra le rovine restano le vestigia di una delle battaglie più feroci intorno a Kiev, pezzi di carro armato esploso, un frammento di giubbotto antiproiettile di un soldato russo con una scheggia ancora incastrata. Anche la via dove furono trovati tanti corpi di civili uccisi, è in ricostruzione. I primi poliziotti arrivati sul posto ricordano quello che hanno trovato. Le vittime civili qui sono state più di 400 e un mese di violenze e saccheggi da parte di 12.000 soldati russi non si scorda facilmente. Davanti alle case restano ancora i forni a legna, che sono serviti per cucinare durante l'occupazione. Ma a 45 giorni dalla sua liberazione, a Bucha si lavora ovunque per far scomparire le tracce delle battaglie, là dove è possibile. Per la ricostruzione delle case private, come quella di Alexander e Natalia, ci vorrà tanto tempo. È nata una app per chiedere i soldi, ma qui gli abitanti già sanno che dovranno aspettare a lungo e il sindaco di Bucha ce lo conferma. Intanto, alle porte della città, l'ultima moda è farsi una foto davanti a un gruppo di carri armati russi inceneriti. Il pellegrinaggio è continuo, ci si ferma qui per un selfie e poi si riparte.























