Le voci si sono rincorse per ore, mentre dietro le quinte andava avanti, frenetico il lavoro della diplomazia. Una dopo l'altra tutte le candidate a ospitare l'atteso incontro fra Trump e Putin sono state depennate dalla lista. Il faccia a faccia si terrà venerdì 15 agosto in Alaska, che certo dista appena una manciata di chilometri dalla Russia, ma è pur sempre, diciamo così entro i confini di casa Trump, ospitando i leader di Armenia e Azerbaijan che alla Casa Bianca hanno firmato un accordo di pace, il presidente ha mostrato un certo ottimismo. Sull'Ucraina siamo vicini a una soluzione, dice, ma non mi piace definirla l'ultima chance. Resta il nodo Zelensky, Putin non vuole incontrarlo, non in questa fase e gli Stati Uniti insistono invece per un suo coinvolgimento. In una girandola di colloqui telefonici, il presidente ucraino chiama a raccolta gli alleati, ottenendo la convocazione di un vertice in presenza nel Regno Unito. Intanto le delegazioni lavorano a una bozza d'accordo sulla base di quanto emerso nell'incontro di Mosca fra Putin e Witcoff. All'inviato americano, secondo il Wall Street Journal, il Cremlino avrebbe proposto un cessate il fuoco completo in cambio del ritiro di Kiev dall'intera regione del Donetsk. Gli europei avrebbero reagito con cauto ottimismo, ma anche con il sospetto che l'offerta di Putin serva in realtà solo a evitare le sanzioni americane, e a scaricare su Kiev la responsabilità per un eventuale fallimento dei negoziati. Putin ha parlato con il premier indiano Modi e si è consultato con il leader cinese Xi Jinping, spettatore più che interessato di un conflitto che non lo tocca, ma di certo lo riguarda. .























