Le immagini della bandiera russa che viene issata sulle macerie almeno fornisce una certezza su Bakhmut, ovvero che la città ucraina appare come se fosse stata rasa al suolo. Qui si è consumata, e forse ancora si consuma, la battaglia più sanguinosa da inizio conflitto ed il Presidente Zelensky da Hiroshima azzarda un paragone estremo: "la distruzione atomica della città giapponese", afferma, "mi ricorda Bakhmut e i nostri altri centri urbani dove non è rimasto nulla, non una singola persona, ma solo aree devastate". Mentre il suo esercito non esclude il ritiro proprio da Bakhmut, reclamata come russa da Prigozhin, leader dei mercenari della Wagner, dopo che appena pochi giorni prima aveva accusato Mosca di aver abbandonato i suoi miliziani con ritiri non concordati delle truppe regolari dal fronte, ed ora riceve invece le congratulazioni per la presa della città da parte di Vladimir Putin che promette onorificenze per chi si è distinto in battaglia. Il portavoce del gruppo orientale dell'esercito di Kiev sottolinea intanto come il ritiro dalla città o la sua difesa saranno decisi solo tenendo conto dell'opportunità e preservando forze e mezzi, aggiungendo che l'esercito ucraino ha un modo sicuro per un possibile ritiro da Bakhmut. Mentre Zelensky, tornando a parlare della controffensiva di Kiev più volte annunciata ed ancora non lanciata, spiega che la Russia si accorgerà dell'operazione e che l'attuale tragedia si trasformerà in ricostruzione e ripresa. Su tutto restano però le sue prime, amare, ammissioni su Bakhmut, una città che, ha affermato, ormai esiste solo nei cuori ucraini.