proveniente da fonti decarbonizzate entro il 2040. È un obiettivo ambizioso quello che si è prefissata la Commissione UE, che il 12/06 scorso ha approvato la nuova ottava edizione del programma illustrativo nucleare previsto dal trattato Euratom sull'energia atomica. Si tratta di un documento che vede nel nucleare una risorsa chiave per rispondere alla richiesta energetica europea e ai propositi di decarbonizzazione. Il programma prevede un aumento della capacità nucleare da 98 gigawatt elettrici nel 2025 a 109 entro il 2050, reso possibile grazie a investimenti fino a 241 miliardi di euro. Questa quota servirà non soltanto a mantenere in vita i reattori attualmente esistenti e a costruirne di nuovi su larga scala, ma anche a sviluppare la fusione nucleare e reattori di nuova generazione come gli small Modular reactors, gli advanced Modular reactors e i microreattori. Si tratta di tecnologie più piccole e flessibili che possono essere installate anche sottoterra e dotate di sistemi di sicurezza passivi, cioè che non necessitano di intervento umano in caso di malfunzionamento. Una caratteristica che se da un lato significa maggiore autonomia, dall'altro comporta anche il rischio, in quanto non si tratta di sistemi infallibili. Sono pro e contro che alimentano un dibattito già polarizzato, tra chi vede nel nucleare la risposta alle sfide del cambiamento climatico e al bisogno di autonomia strategica, e chi al contrario, ne evidenzia i pericoli legati alla sicurezza e alla gestione dei rifiuti radioattivi. Una sfida che l'UE sembrerebbe pronta ad accogliere, mossa dall'intento di incrementare la propria competitività a livello globale. Ludovica dall'intento di incrementare la propria competitività a livello globale. .