Singolare coincidenza, la notizia arriva proprio mentre, dall'altra parte dell'oceano, il procuratore che ha incriminato Donald Trump sta per elencare le ipotesi di reato che potrebbero portare il l'ex presidente degli Stati Uniti dietro le sbarre. Le dimissioni di Boris Johnson, spesso descritto, a torto o a ragione, come il gemello diverso di Trump, sono una notizie sicuramente meno drammatica ma comunque dirompente. L'ex primo ministro ha deciso di compiere il passo indietro da parlamentare perché costretto. A spiegarlo è lui stesso in un comunicato carico di recriminazioni e dal sapore complottistico. A spingerlo verso la porta di Westminster, si legge, è stata la commissione parlamentare incaricata di indagare sulla possibilità che Johnson da premier abbia mentito al parlamento sapendo di mentire, sulla violazione delle norme anti-Covid durante la pandemia. Ancora una volta, il cosiddetto Partygate è tornato a tormentarlo. Le ultime rivelazioni sul fatto che avrebbe violato le restrizioni anche alla residenza di campagna di Chequers hanno reso sempre più probabile la possibilità di una sua sospensione. L'ex primo ministro non avrebbe quindi fatto altro che anticipare i tempi, riappropriandosi della scena e al tempo stesso lanciando accuse di una caccia alle streghe e di una vendetta nei confronti di chi ha reso la Brexit realtà. Sono molto triste di lasciare il Parlamento, ha dichiarato. Aggiungendo poi, almeno per ora.