Durante la riunione di gabinetto Boris Johnson è sembrato risoluto nel mantenere la linea del Governo, non direttamente coinvolto nelle trattative tra sindacati e aziende del settore privato, e soprattutto nel ribadire che non si combatte il carovita con un innalzamento dei salari perché si innescherebbe una spirale inflazionistica, raggiunta nel mese di maggio al 9%. Al più grave sciopero del settore ferroviario degli ultimi trent'anni, si è arrivati perché le controparti non sono riuscite a trovare un accordo non solo sull'innalzamento dei salari ma anche sulle condizioni di lavoro e sulla sicurezza, in un comparto che sta facendo grande fatica a riprendersi dopo la pandemia. Ad incrociare le braccia sono gli addetti alle biglietterie, alle pulizie, alla manutenzione e alla segnaletica ai quali viene ora chiesto un ampliamento delle proprie mansioni. I disagi più forti si sono vissuti nella capitale, dove allo sciopero dei treni si è sommato quello dell'intera rete metropolitana e nuove proteste sono annunciate nelle prossime settimane e potrebbero coinvolgere settori chiave come quello dell'istruzione e della Sanità. Insomma l'estate del discontento, nel Regno Unito è solo all'inizio.























