L'uranio impoverito è un sottoprodotto della lavorazione subita dall'uranio naturale per ottenere il combustibile per le centrali nucleari. La sua caratteristica fondamentale è di essere estremamente denso, il che lo rende molto efficace nella fabbricazione di armi anticarro. A contatto con la corazza dei carri armati riesce a sfondarla. Questo spiega perché, lo si sappia ufficialmente o non, è stato usato in diversi teatri di guerra particolarmente impegnativi. Nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, ad esempio, in quella del Kosovo, in Iraq, ma anche in Somalia. La portavoce del Ministero degli Esteri Rrusso ha parlato, non a caso, di scenario Jugoslavia, aggiungendo che quel tipo di armi ha causato il cancro e ha intossicato l'ambiente. Ma gli effetti dell'uranio impoverito sono oggi ancora dibattuti, a livello sia politico sia scientifico, si sa ad esempio che l'elemento è molto meno radioattivo dell'uranio naturale, tanto è vero che la Commissione Europea ha pubblicato una ricerca nella quale afferma che l'esposizione alla sostanza sembra, attenzione sembra, essere inferiore ai livelli tollerabili per l'uomo e che la contaminazione ambientale è generalmente bassa, tranne che nelle zone a ridosso dei carri armati distrutti. Per capire si calcola che un solo proiettile dopo l'impatto con un bersaglio corazzato sia in grado di sprigionare nell'aria da uno a tre chili di polvere di uranio. In Iraq, però, è stato documentato un aumento del numero di bambini nati con malformazioni che possono essere ricondotti alla radioattività, ma anche qui i risultati delle ricerche, soprattutto il nesso causa-effetto, sono stati contestati anche a livello scientifico.