E se fosse una donna a fermare Donald Trump? Martedì nel piccolo stato del New hampshire si fa la storia. O l'ex presidente vince anche lì e si avvia a confermarsi ancora candidato alla presidenza o uno spiraglio resta aperto perché i repubblicani superino la controversa età del trumpismo. La vecchia guardia del partito, quel che ne è rimasto dopo essere stato cannibalizzato dal movimento Maga, si coalizza attorno a Niki Haley, ex governatrice della South Carolina e ambasciatrice alle Nazioni Unite. Poco più di 50 anni, figlia di immigrati indiani, Haley è il cognome del marito, ma contro l'immigrazione illegale, antiabortista ma non tra i più talebani, a favore delle pistole al bar, totalmente pro israeliana e liberista in economia. Conservatrice di destra sicuramente, ma non fanatica e soprattutto abituata dagli anni al Palazzo di Vetro a trattare e fare compromessi. Ha il cauto appoggio che in queste fasi iniziali Wall Street riserva ai candidati più promettenti, pronta a riempirle il portafogli se dovete andare allo scontro finale con il candidato Democratico Biden, i sondaggi per inciso dicono che vincerebbe a mani basse. Tra un settantasettenne maschio alfa travolto da scandali sessuali, fiscali e costituzionali e il suo clone senza processi De Santis, ha gioco facile nel poter dire che alla destra americana serve una nuova generazione di leader e che l'unica vera alternativa è proprio lei. Ce la farà? Il New Hampshire è uno stato in bilico repubblicano, circondato da democratici, con circa il 40% di elettori che si definiscono moderati, ai quali la Haley non dispiace, e questo potrebbe essere il suo limite, piacere al centro rischia di alienarle il consenso a destra. Trump punta proprio su quello, ne storpia il nome indiano e la chiama globalista, ma in realtà la teme. Almeno fino a martedì.