Non più le Bidenomics e successi in campo economico che sembrano avere poco appeal sull'elettorato, ma lo scontro diretto col Donald Trump. I guru della campagna democratica hanno capito che ci voleva un cambio di passo per la rielezione di Joe Biden, e così il presidente si è infilato i guantoni per lo sconto diretto. Solo che il suo avversario lo sta picchiando già molto tempo, e senza guantoni. D'altronde, The Donald non ha mai brillato per fair play, e non risparmia colpi sotto la cintura al suo rivale e, nella sua ultima dichiarazione, sferra l'attacco contro Hunter Biden, figlio del presidente in carica, rilanciando le accuse di corruzione per i suoi affari in Ucraina. Come se non bastasse, doppia il colpo definendo ostaggi i ribelli del 6 gennaio di 3 anni fa, gli autori dell'attacco al Campidoglio. E ne annuncia la grazia nel caso in cui venisse rieletto per la terza volta. Sì, perché nella sua versione piuttosto contorta dei fatti, suffragata da QAnon e altri movimenti parafascisti teorici del complotto, Trump avrebbe vinto le elezioni dell'epoca ma sarebbero state falsificate. C'è da dire che la coerenza non è la forza di Trump, dato che poco prima aveva accusato l'FBI e i movimenti antifascisti di aver organizzato l'assalto. Ai suoi seguaci non interessa più di tanto. Del resto, nel video diffuso da The Donald, anche se ufficialmente realizzato da un gruppo di supporter, si chiarisce che Dio stesso, il 14 giugno del 1946, inviò Trump sulla Terra per mettere ordine. E allora, qualunque ragionamento cessa di essere valido.