La data non è stata scelta a caso. Ieri, nel giorno del primo anniversario della decisione degli Stati Uniti di uscire dall'accordo sul nucleare iraniano, il Presidente Rohani ha annunciato la ripresa di alcune attività atomiche da parte di Teheran e la minaccia di far saltare completamente l'intesa e di ricominciare ad arricchire l'uranio fra 60 giorni se nel frattempo i partner europei non troveranno un modo per aggirare le sanzioni americane, ricominciando a dare respiro alle esportazioni di petrolio iraniano. Per tutta risposta Donald Trump ha dato il via libera ad un nuovo pacchetto di misure punitive, che questa volta vanno a colpire il comparto dei metalli, dall'acciaio e alluminio, passando per il ferro e il rame. Un duro colpo per il regime degli Ayatollah, già in ginocchio per i blocchi sul petrolio e le attività bancarie con un’inflazione galoppante e una recessione sempre più pesante. Germania, Francia, Regno Unito, firmatari dell'accordo sul nucleare insieme a Russia e Cina, si trovano così schiacciati tra le richieste di Teheran e l'intransigenza di Washington e la speranza di poter salvare il trattato appare sempre più fievole. Pechino e Mosca si sono schierate con l'Iran e accusano gli Stati Uniti di un comportamento irresponsabile. Ma dalla Casa Bianca arrivano anche timidi segnali di apertura con Donald Trump che precisa che non tollererà eccezioni dai Paesi europei per quel che riguarda l'implementazione delle sanzioni, ma auspica anche la possibilità, un giorno, di incontrare i leader iraniani per arrivare ad un nuovo accordo complessivo che possa garantire al popolo iraniano il futuro che merita, anche se da Washington come da Israele il monito è chiaro. Se sarà necessario ogni mezzo verrà usato per impedire a Teheran di dotarsi di un'arma nucleare.