Le proteste dei black lives matter che da due mesi infiammano le città statunitensi dopo l'omicidio dell'afroamericano George Floyd, per mano di un agente di polizia bianco, non accennano a finire. Particolarmente violente quella degli ultimi giorni da Seattle a Louisville, da Portland a Austin, fino al Colorado. Qui siamo ad Austin, un corteo all'inizio tranquillo, sfila per la città, ma presto si trasforma in un fuggi fuggi scomposto, diventa vero panico, non appena si sentono esplodere dei colpi di arma da fuoco partiti da una macchina. I manifestanti scappano, si abbassano, cercano di sfuggire ai colpi, un uomo rimarrà ucciso, scontri e proteste contro le discriminazioni razziali e gli abusi della polizia devastano da giorni Portland, in Oregon, dove le strade sono dei veri e propri campi di battaglia, i gas lacrimogeni coprono a fatica i bagliori delle fiamme appiccate dai manifestanti, volontari e medici si affrettano a soccorre tanti che respirano male e non riesco ad aprire gli occhi gonfi, che bruciano e lacrimano. Anche a Seattle proseguono gli scontri tra agenti federali e manifestanti, qui le proteste sono sia per la morte di Floyd, ma anche per la decisione di Trump di schierare squadre di risposta rapida contro le manifestazioni, mentre a Louisville in Kentucky membri della milizia nera NFCA hanno marciato armati di fucili semiautomatici e vestiti con equipaggiamento paramilitare nero, lungo le vie della città chiedendo giustizia per Breonna Taylor, una donna di colore uccisa a marzo da agenti che hanno fatto irruzione nel suo appartamento.