Sarebbe questione di ore. La prima incriminazione penale per un ex presidente degli Stati Uniti, potrebbe arrivare in ogni momento. L'ultimo testimone della difesa non avrebbe portato elementi determinanti davanti alle accuse che il Procuratore Distrettuale di Manhattan muove nei confronti di Donald Trump: aver pagato una pornostar per mettere a tacere una relazione potenzialmente devastante per la sua campagna elettorale del 2016. Ma se il legale che materialmente versò quel denaro ha già confessato ed è stato condannato, dimostrare il coinvolgimento diretto di Trump potrebbe essere più complicato. La contestazione potrebbe essere di falso in bilancio o violazione della legge sul finanziamento elettorale e, per giunta, rischierebbe di essere già prescritta. Politicamente, invece, la partita è delicata comunque, perché Trump è anche un candidato alle prossime presidenziali, quindi, invece che danneggiarlo, un incriminazione potrebbe fargli gioco trasformandolo in un martire. Ma il richiamo alla piazza, dopo l'assalto del 6 gennaio, potrebbe essere un boomerang: intanto perché Trump è già indagato proprio per la cospirazione insurrezionalista del Campidoglio, e poi perché se una folla oceanica non rispondesse all'appello diventerebbe evidente la perdita di consenso. Il capo dei repubblicani alla Camera ha, non a caso, sminuito la mobilitazione popolare chiesta da Trump. Una manifestazione davanti alla Procura di New York, transennata per l'occasione, si è rivelata ieri sera una bolla di sapone. Per ora Trump detta legge solo nell'arena dei social media. Il suo avversario nel partito, DeSantis, ha furbescamente condannato il Procuratore mentre sottolineava, in realtà, l'imbarazzo per la vicenda. L'ex presidente gli ha risposto intimidatorio: vedrai che in futuro succederà anche a te.