Il timore principale a livello globale è che si apra adesso un altro, l'ennesimo, fronte di instabilità internazionale. Stavolta in America Latina. Anche se, nel commentare i risultati del referendum, parlando in Piazza Bolivar a Caracas, il Presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, non ha lanciato minaccia esplicite. Per adesso, almeno. Ad andare a votare sono stati più di dieci milioni e mezzo di elettori, affluenza considerata molto alta. Oltretutto si sono espressi con una maggioranza schiacciante: quasi il 96% ha detto sì all'ipotesi, questo chiedeva il quesito referendario più importante fra i cinque proposti, di appoggiare la creazione di una regione, la Guayana Esequiba, da integrare nella Federazione venezuelana. Si tratta di un territorio a est del Venezuela che oggi fa parte della Guyana, uno Stato sovrano indipendente in base ad accordi internazionali che però Caracas non ha mai riconosciuto. Negli ultimi anni le rivendicazioni del Venezuela si sono fatte più insistenti dopo che sul territorio, storicamente ritenuto povero, sono invece stati scoperti importanti giacimenti di materie prime, a cominciare dal petrolio. Gli sconfitti. ha detto Maduro, sono il governo guyanese e la compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil che lo finanzia. Per non lasciare dubbi su chi siano i suoi, soliti verrebbe da aggiungere, avversari.