Questa volta è sicura di aver fatto bene tanto per l'Europa quanto per l'Italia. Tra vertici notturni, telefonate e faccia a faccia mattutini, Giorgia Meloni e Viktor Orban hanno tenuto un filo diretto ininterrotto per 24 ore. Da un lato gli aiuti per Kiev, dall'altro il caso Salis in mezzo la Premier a tentare di disinnescare due mine per motivi diversi molto pericolose. Sul bilancio europeo la vittoria è piena, Orban abbandona il veto con la mediazione di Meloni, giudicata fondamentale da più parti. "Lo ha fatto ragionare", spiegano i diplomatici facendo capire che si sarebbe andati avanti anche senza l'Ungheria che a quel punto si sarebbe ritrovata ai margini dell'Europa. "In Europa bisogna saper dialogare con tutti e credo che quello che è accaduto nelle ultime ore dimostri che quando ho sempre sostenuto che non puoi pensare di risolvere i problemi parlando con due o tre persone ma devi avere una capacità di dialogo che tenga conto delle necessità, dei punti di vista, degli interessi di tutti gli stati membri non sbagliavo". A fare la differenza la fiducia e la confidenza tra Orban e Meloni, la stessa che porta la Premier a chiedere che per Ilaria Salis vengano garantiti diritti e condizioni dignitose di più non si può fare, ragionare su un rientro in Italia impone che prima arrivi una sentenza. La Premier auspica un processo giusto e veloce sperando che l'attivista italiana possa dimostrarsi innocente ma né lei né Orban spiega lasciando Bruxelles, possono mettere in discussione il lavoro della Magistratura. "Anche in Ungheria c'è l'autonomia dei Giudici e diciamo i Governi non entrano nei processi, quindi questo non è oggetto di quello di cui io posso parlare oggi con il Primo Ministro ungherese, quello di cui ho parlato col Primo Ministro ungherese come faccio per tutti gli italiani che sono detenuti all'estero è garantire che ai nostri connazionali venga ovviamente riservato un trattamento di dignità di rispetto un giusto processo. Accade in diversi Stati anche occidentali che i detenuti vengano portati così diciamo in tribunale, non è diciamo il nostro costume, noi non lo facciamo sono immagini che da noi chiaramente impattano ma negli altri Stati sovrani e in diversi Stati sovrani funziona così". Da fuori rimbalza l'eco delle proteste degli agricoltori, per la Premier il segnale che c'è qualcosa da cambiare nelle politiche europee portate avanti fino ad oggi. "In Italia diciamo abbiamo fatto del nostro meglio rimane il tema di una politica europea, che da questo punto di vista secondo me va cambiata. Un cambio di linea possa arrivare solamente dopo le elezioni europee, sperando che ci sia diciamo un approccio vincente diverso da quello ideologico che abbiamo visto in questi anni".