George Floyd: un nome divenuto un simbolo. Era il 25 maggio del 2020 quando Floyd venne ucciso dalla polizia di Minneapolis. Il suo "Non riesco a respirare" pronunciato fra le lacrime sotto il peso del ginocchio dell'agente Derek Chauvin è diventato uno slogan di condanna all'eccessiva violenza delle forze di polizia generando un'ondata di sdegno planetaria con manifestazioni in tutto il mondo. Una morte, quella di George Floyd tragica, ma potente perché resa immediatamente pubblica grazie ai video dei passanti, è riuscita a smuovere gli animi e a portare un concreto cambiamento con riforme importanti in molti dipartimenti di polizia e la condanna, ad oltre 20 anni, di Chauvin. Diversa la storia di Edward Bronstein, ucciso due mesi prima di Floyd, sempre dalla polizia, ma in California vicino a Pasadena. Un omicidio che viene alla luce soltanto adesso dato che il giudice ha ordinato di pubblicare le immagini di sorveglianza fatte dagli agenti quella notte del 31 marzo 2020. Bronstein era stato fermato mentre guidava in un sospetto stato di alterazione e portato alla centrale per fare un prelievo. Come Floyd Bronstein si ritrovò il peso dei poliziotti sopra che gli impedivano di respirare. Come Floyd morì dopo vari minuti di agonia e a nulla sono valsi i tentativi di rianimarlo arrivati comunque troppo tardi. Bronstein aveva appena 38 anni e ha lasciato cinque figli che chiedono adesso, come fu per Floyd, solo giustizia.