La realpolitik entra nella questione israelo-palestinese e allontana Washington da Tel Aviv. Per la prima volta un'Amministrazione americana vara sanzioni contro i coloni israeliani in Cisgiordania, dove la situazione, dice il Presidente Biden nel suo Ordine Esecutivo, ha raggiunto livelli intollerabili e rappresenta una grave minaccia per la pace e la stabilità della Regione. La Casa Bianca ha quindi deciso di imporre sanzioni finanziarie e il blocco del visto per quattro coloni colpevoli di atti di violenza contro i palestinesi, e "al momento", specifica, "non ci sono piani di colpire anche membri del Governo israeliano". La precisazione fa infuriare il Gabinetto di Netanyahu: lo stesso Primo Ministro, politicamente agli antipodi di Biden, definisce “immotivato” il provvedimento americano, i suoi Ministri danno torto al Presidente chiamando “eroi” i coloni. Insoddisfatta dalla mancanza di veri progressi, e nel tentativo di spegnere l’incendio Mediorientale, Washington vuol forzare l’alleato ad accettare il riconoscimento di uno Stato palestinese. Indiscrezioni in tal senso arrivano dal Dipartimento di Stato, che sarebbe pronto a fare il primo passo dopo la guerra, e a patto che Hamas non controlli più Gaza. Ipotesi sposata anche dal Governo britannico, come ha confermato il Ministro degli Esteri David Cameron. La mossa si spiega però anche con ragioni di politica interna: in vista delle presidenziali di novembre, Biden ha bisogno del voto dei giovani, tradizionalmente vicini alla causa palestinese, e della comunità arabo-americana e musulmana, influente in Michigan, Stato fondamentale per restare alla Casa Bianca.