A testimoniare che la corsa dei giovani nel nostro Paese è una gara ad ostacoli c'è un nuovo termine: "permacrisi". Il neologismo indica ormai la difficoltà strutturale dei ragazzi a districarsi nel mondo del lavoro e il Governo sta preparando un decreto legge ad hoc per provare a fornire gli strumenti per aiutarli ad uscire da questa gabbia. Un numero inquietante descrive la condizione in cui si trovano troppi giovani: 2 milioni non studiano nè lavorano e 1 milione cerca lavoro ma non lo trova. Il profilo di chi si trova a fare i conti con questi problemi è tratteggiato nel V rapporto dal titolo: "Divario generazionale, la generazione Z e la permacrisi", curato dalla fondazione Bruno Visentini e finanziato dall'università Luiss Guido Carli. "Lavorare sulla formazione, lavorare sul rapporto tra scuola e lavoro, lavorare sull'accesso al credito, lavorare sulla famiglia, sulla genitorialità. Insomma, una serie di elementi che non devono essere oggetto di un convegno ma di politiche che devono dimostrare di saper avvicinare le distanze che ci sono tra la parte migliore del nostro Paese e quella che è rimasta più indietro". Dalla ricerca, condotta su 5000 ragazzi tra i 13 e i 20 anni, emerge come uno studente su quattro vede il suo futuro in un Paese europeo o extraeuropeo. Inoltre l'indice di divario generazionale che indica le principali barriere che i giovani incontrano, come l'ingresso nel mondo del lavoro, l'acquisto di una casa o la possibilità di costruire una famiglia, nel 2006 era pari a 100, nel 2021 è diventato di 141, di poco al di sotto del picco raggiunto nel 2020 (144). In cima alle preoccupazioni giovanili ci sono: un lavoro soddisfacente, la propria autonomia finanziaria, le difficoltà a fare carriera e negli ultimi posti la guerra e il terrorismo.