Roma gennaio 2024 che riecheggia adunate del 1924, una falange nera celebra il "presente", liturgia neofascista per rendere omaggio ai camerati caduti in battaglia. Siamo ad Acca Larentia, nome della strada dove sorgeva una sezione del MSI e furono uccisi due militanti, il ventenne Franco Bigonzetti e il diciottenne Francesco Ciavatta, freddati da un commando terrorista di estrema sinistra, il 7 gennaio del 1978. Un altro attivista di destra, Stefano Recchioni, venne ucciso poco dopo. Anni in cui il paese era lacerato da una guerra civile a bassa intensità. Quarantasei anni dopo, come ogni anno, quella data e quel luogo sono diventati l'occasione che richiama centinaia di militanti neofascisti che esibiscono saluti romani. Le opposizioni hanno chiesto la condanna del Governo, ma Fratelli d'Italia ribalta le accuse. Su Acca Larentia, si legge in una nota, si abbatte la solita ipocrisia della sinistra. È dal 1978 che su quel piazzale, si commemorano, anche con il rito del presente, dei ragazzi uccisi da un commando di estrema sinistra. Utilizzare il ricordo di ragazzi ammazzati dall'odio comunista per fare bieca propaganda è squallido e vigliacco. E anche tra gli alleati c'è chi si smarca. "Siamo antifascisti, ma non è che non mi sembra, chi ha fatto o avuto un comportamento, certamente, deve essere condannato da parte di tutti come devono essere condannate tutte le manifestazioni di sostegno a dittature". Il PD ha depositato alla Camera "un'interrogazione al Ministro dell'Interno e al Ministro della Giustizia". Elly Schlein chiede alla Premier Meloni di prendere le distanze. "Le organizzazioni nazifasciste devono essere per l'appunto sciolte come prevede la Costituzione, naturalmente da questo punto di vista, quello che noi faremo e faremo oggi come Partito Democratico, presenteremo un'interrogazione al Ministro Piantedosi per sapere cosa è successo". Alla Procura di Roma, arriverà una denuncia del Movimento 5 Stelle per chiedere di accertare se quanto avvenuto rientri nel reato di apologia del Fascismo. Per il Presidente della comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, il saluto romano è un insulto e per noi Ebrei di Roma, quel gesto per il suo valore simbolico, è come versare sale sulle nostre ferite.