Ha un sapore dolce e amaro il lungo addio di Enrico Letta alla guida del PD. Il passaggio di testimone, cominciato dopo la sconfitta politica delle elezioni di settembre, si realizzerà il 26 febbraio con l'elezione del nuovo Segretario, ma quello che serve davvero, scandisce Letta, è un nuovo partito. Per questo l'Assemblea Costituente ha dato il via libera al nuovo manifesto, che sarà la base politica del tentativo di rilancio, un partito, una comunità che avrà come bussola la transizione ecologica, la difesa dei deboli, i diritti. "Questo è un testo netto, molto forte in alcuni suoi colori, è un testo equilibrato che consente al nostro partito di essere un partito che ambisce a rappresentare non soltanto quello che siamo noi oggi, ambisce a espanderci rispetto a quello che siamo oggi e allo stesso tempo in linea con quel senso di responsabilità istituzionale che ci ha sempre caratterizzato, è un manifesto che ci fa essere, ancora una volta, la grande forza politica di equilibrio istituzionale del Paese che vogliamo rappresentare e che abbiamo sempre rappresentato." L'amaro del suo addio sta nei conflitti interni che hanno occupato tanto, troppo tempo del suo mandato, nelle ingenerosità che, ad un passo dall'addio, Letta vuole tenere per sé. A Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo che si giocano la guida DEM, Letta vuole consegnare un PD che non cammini più controvento ma che apra una storia nuova basata sull'unità interna. Tutti e quattro lo ringraziano ma guardano avanti, Bonaccini parla di alleanze possibili ma rispolvera la vocazione maggioritaria del PD, Elly Schlein punta sulla lotta alla precarietà e attacca la Meloni sui diritti delle donne e dice basta alle trivellazioni selvagge, Paola De Micheli si definisce la sindacalista degli iscritti delusi e inascoltati, Gianni Cuperlo punta sull'orgoglio di un partito che torni ad essere faro della sinistra, un partito che adesso mette in discussione anche la sua identità più immediata, il nome stesso del PD.